Delle varie "anime" del fascismo, la sinistra fascista fu la più vivace e la più coesa. Se nei primi tempi essa si tradusse essenzialmente nello squadrismo borghese e nel sindacalismo soreliano e rivoluzionario, con la metà degli anni Trenta si fece portatrice di un nuovo fascismo teso a superare definitivamente la società borghese e il capitalismo.
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Il mito del lavoro e del lavoratore, l'umanesimo del lavoro di Giovanni Gentile, il progetto di socializzazione di Cianetti, la nascita dell'intellettuale militante, le pulsioni rivoluzionarie nella Repubblica Sociale e le sofferte evoluzioni della sinistra nazionale nel secondo dopoguerra costituiscono le tappe principali di questo percorso qui accuratamente ricostruito. Questo volume porta alla luce la più inquieta fra le diverse e non di rado conflittuali anime del fascismo: la cosiddetta sinistra fascista. Parlato identifica i tratti salienti del mosaico di idee, valori e umori che ne costituisce l'identità, seguendo il "fiume carsico" della sinistra fascista oltre la fine del Ventennio, fin dentro gli anni Settanta. Un forte spirito antiborghese e anticapitalistico, un'idea della politica come rivoluzione, l'obiettivo di una democrazia popolare totalitaria di radice rousseauiana caratterizzano questo fascismo che ha le sue origini nel sindacalismo rivoluzionario d'anteguerra, e il suo habitat nelle strutture sindacali e nelle organizzazioni giovanili universitarie. Con la seconda guerra mondiale i fascisti di sinistra scelsero spesso sponde opposte: alcuni rimasero fedeli al proprio essere fascisti, altri al proprio essere rivoluzionari ed entrarono nel partito comunista, dove occuparono anche posti di prestigio.