Questo lavoro testimonia il tentativo di fondare una teoria dell'identità e della differenza nella filosofia del diritto.
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Esso aspira, inoltre, a fornire qualche orientamento per rispondere alla seguente domanda: donde proviene (e come si sostiene) l'idea per cui il sistema rappresenterebbe un modello privilegiato nella costruzione del ragionamento giuridico? La tesi qui argomentata è che i presupposti per una riduzione progressiva dell'ordine dinamico, tipico della prospettiva classica, ad ordine sistematico nel senso moderno, furono elaborati dai filosofi neopiatonici. Non è difficile individuare le conseguenze di questa riduzione sul piano della scienza del diritto: si pensi, per fare due soli esempi, alla questione della gerarchia delle fonti o a quella dell'autonomia di una 'prima norma' che, per costituirsi, non abbisognerebbe di alcun orizzonte etico o metafisico.
Maurizio Manzin (Trieste, 1959) è professore ordinario di Filosofìa del diritto nell'Università di Trento. Dirige il Cermeg, Centro di Ricerche sulla Metodologia Giuridica (www.cermeg.it), di cui è stato uno dei fondatori. Da anni si occupa della questione del metodo nella scienza giuridica e dello sviluppo della logica giudiziale, con particolare attenzione al periodo tardo-antico e pre-umanisti-co: a questi argomenti ha dedicato alcune monografìe e numerosi articoli, comparsi in riviste scientifiche e miscellanee sia in Italia che all'estero.